Che le festività debbano essere un momento di gioia, affetto e vicinanza umana è una forma di ingenuità a cui non credo più.
Le feste comandate sono invece, nella vita quotidiana, l’occasione d’oro per sfogare liberamente i pensieri più vili e per manifestare i più sottili sadismi.
Basta dover condividere la giornata con lontani parenti, tra i quali magari c’è qualcuno con cui in passato ci sono stati degli screzi, per sentirsi in diritto di tirare bottoni, lanciare occhiatacce, o per ostentare freddezza. O magari non si tratta di lontani parenti, si tratta delle persone con le quali si vive, si lavora. Quelle con cui si condivide il desco familiare.
Basta un pranzo per mandare in frantumi quella fragile crosta di cortesia ed educazione – o forse, ipocrisia – che, tutto sommato, facilita le interazioni sociali e fa in modo che gli umani non si ammazzino tra di loro, neanche a parole.
Ecco che ho scritto un post forse un po’ retorico; a questo punto, sarebbe arrivato il momento della morale: ma le parole per parlare di morale non le ho, così come mi mancano le parole per reagire a queste forme di sadismo.
Una delle due, quella paterna, era completamente priva della crosta di cortesia, ogni giorno e non solo a tavola, ma mai avresti potuto pensare di non essere in famiglia.
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Hai ragione. È che la famiglia protegge, ma inasprisce pure, e a volte nemmeno poco…
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